COVID-19: lighthouse keeper syndrome (sindrome del guardiano del faro) [ITA/ENG]

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Un saluto a tutti,

in questi giorni in cui il lockdown in Italia si è leggermente allentato, concedendo alla popolazione di poter uscire per brevi passeggiate, qualche attività sportiva all'aperto e visite ai parenti o ai fidanzati, finalmente molti di noi hanno potuto mettere il naso fuori di casa.

A dire il vero negli ultimi due mesi sono uscito una volta alla settimana per fare la spesa, ma ovviamente ci sono persone che hanno vissuto il confinamento in maniera totale senza mai uscire per tutto il tempo; ad esempio mia moglie e mia figlia rientrano in questa categoria.

Potete immaginare che emozione è stata ieri quanto tutti e tre siamo usciti per una breve passeggiata a piedi nei dintorni della nostra abitazione.
La fortuna vuole che abitiamo vicino al nostro bellissimo lungomare (Bari città) e quindi abbiamo potuto respirare nuovamente l'aria di mare e goderci il sole che fa pensare all'imminente estate; c'era un pò di gente in giro, nulla a che vedere con l'affluenza che solitamente si registra in giornate così belle e soleggiate, ma più di quella che ci aspettassimo.

Per fortuna non abbiamo avuto nessun disagio e siamo tornati a casa allegri e rintemprati nello spirito.

Ma non per tutti le cose possono andare così bene...

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Leggendo varie testate giornalistiche online nel mio quotidiano giro tra le notizie (dedico almeno mezz'ora al giorno a documentarmi sugli ultimi avvenimenti) sono incappato più volte nella stessa notizia, che devo essere sincero, mi ha fatto molto riflettere.

Gli psicologi infatti hanno messo in guardia da quello che per molti potrebbe essere un disagio; infatti dopo tanto tempo reclusi in casa, il nostro organismo si è quasi abituato alla nuova realtà domestica.
Chiamatelo spirito di adattamento, ma effettivamente ci si abitua in fretta alle nuove situazioni come sistema per proteggerci da cambi repentini che potrebbero scuotere il nostro organismo.

A livello psicologico avviene la stessa cosa.. e quindi dopo due mesi con relazioni sociali ridotte a zero, abituati alla sicurezza delle nostre abitazioni si potrebbe patire il ritorno alla realtà esterna, che per forza di cose non è più come l'abbiamo lasciata ma molto diversa e con la minaccia concreta del virus che può insidiare la nostra salute.

Gli psicologi la chiamano "sindrome del guardiano del faro" per una semplice attinenza.
Infatti immaginandolo in modo astratto in un contesto letterario, potremmo immaginare il guardiano del faro come un uomo che vive per mesi isolato dal mondo esterno perdendo l'abitudine ai rapporti sociali e vivendo una condizione di maniaco del controllo in quanto dal suo punto di osservazione riesce a sorvegliare tutto quello che lo circonda.
Una volta fuori dal suo faro e nel mondo esterno, perde il controllo sul mondo circostante e si ritrova in una condizione in cui non è più abituato ad avere rapporti sociali.

Trasponendolo alla nostra esperienza da reclusi (quindi non per scelta ma per obbligo e decisione altrui), ad aggravare la situazione c'è la paura, perchè questo virus invisibile minaccia la nostra vita all'esterno, almeno quella che ricordavamo prima della pandemia.

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Quando ho letto questa teoria, supportata persino dal presidente italiano dell'Ordine degli psicologi, la mia prima reazione è stata un mix tra stupore e disappunto, perchè mi è sembrato esagerato parlare di una sindrome del genere dopo una permanenza in casa di due mesi (non stiamo mica parlando di due anni!).

Poi riflettendoci con calma, ho pensato che effettivamente la mente umana spesso è indecifrabile e che in persone più fragili, cioè che vivevano già in maniera particolare il mondo esterno, la possibilità di percepire questa ritrovata libertà (seppur ancora limitata) in maniera distorta era un'ipotesi concreta.

La chiave di lettura di tutto è proprio la diversa realtà esterna che ci stiamo ritrovando davanti, perchè non stiamo tornando direttamente alla vita che avevamo prima del lockdown ma a una situazione in cui il pericolo resta presente e dobbiamo tenere le distanze dagli altri creando un senso di diffidenza e sospetto nei confronti dei nostri simili.

Ho letto anche di moltissimi bambini che hanno paura di uscire o vivono la vita all'esterno delle proprie abitazioni con angoscia e malessere.
Credo che anche per loro valga questa sindrome, amplificata dal fatto che non hanno l'esperienza di vita per metabolizzare certi cambiamenti e assimilare il pericolo nella maniera corretta.
Per mesi gli abbiamo parlato del coronavirus, del pericolo che rappresentasse per la loro incolumita e di come il rimanere chiusi in casa fosse solo ed esclusivamente per il loro bene.
Adesso per loro uscire seguendo sempre delle regole che gli ricordano il pericolo (gente con le mascherine, divieto di avvicinarsi agli altri bambini e via discorrendo), è diventato molto diverso da com'era prima della pandemia e molti di loro ne stanno soffrendo particolarmente.

Io posso dichiararmi fortunato, in quanto mia figlia non ha avuto il benchè minimo problema e anzi è stata molto diligente nel rispettare le nuove regole.
Per giunta, questa mattina è voluta uscire di nuovo e la cosa mi ha molto tranquillizzato.

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Cosa fare per uscirne?

Io credo che dipenda tutto da noi stessi.. infatti è tutto a livello psicologico, quindi bisognerebbe prendersi il tempo per elaborare la situazione e non pensare alle abitudini perse ma crearsene delle nuove.
Può essere spiazzante non poter ritrovare la vita che si è lasciati alle spalle, ma bisogna pensare alla nuova situazione e riorganizzarsi mentalmente per essere in grado di affrontarla.

Per quanto riguarda i bambini, dobbiamo mostrar loro sicurezza e supportarli quanto più possibile attraverso delle azioni e delle parole che possano tranquillizzarli e farli sentire al sicuro.
Loro fanno completo affidamento su noi genitori e quindi siamo noi che dobbiamo trovare la strada giusta per farli tornare alla vita esterna con i tempo e i modi che riteniamo più opportuni, conoscendoli più di chiunque altro.

Carlo

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The English version is a translation of the original in Italian for information purposes only and it's translated by google translator due to lack of time

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Hello everybody,

in these days when the lockdown in Italy has loosened slightly, allowing the population to be able to go out for short walks, some outdoor sports and visits to relatives or boyfriends, finally many of us have been able to put our noses out of the house .

To tell the truth, in the last two months I went out once a week to do the shopping, but obviously there are people who have lived the confinement in a total way without ever going out all the time; for example my wife and daughter fall into this category.

You can imagine what a thrill it was yesterday when all three of us went out for a short walk on the outskirts of our house.
Luck has it that we live near our beautiful promenade (Bari city) and therefore we were able to breathe the sea air again and enjoy the sun that makes one think of the imminent summer; there were a few people around, nothing to do with the turnout that usually occurs on such beautiful and sunny days, but more than we expected.

Fortunately, we did not have any discomfort and we went home happy and refreshed in spirit.

But not all things can go so well ...

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Reading various online newspapers in my daily tour of the news (I dedicate at least half an hour a day to documenting myself on the latest events) I stumbled several times on the same news, which I must be honest, made me think a lot.

In fact, psychologists have warned against what might be a discomfort for many; in fact, after being in home for a long time, our organism has almost become accustomed to the new domestic reality.
Call it the spirit of adaptation, but actually we quickly get used to new situations as a system to protect us from sudden changes that could shake our body.

On a psychological level the same thing happens .. and then after two months with social relations reduced to zero, accustomed to the safety of our homes, we could suffer the return to external reality, which by force of circumstances is no longer as we left it but very different and with the real threat of the virus that can undermine our health.

Psychologists call it "lighthouse keeper syndrome" for simple relevance.
In fact, imagining him in an abstract way in a literary context, we could imagine the lighthouse keeper as a man who lives for months isolated from the outside world losing the habit of social relations and experiencing a condition of control freak as from his observation point he succeeds to watch over everything around him.
Once outside his lighthouse and in the outside world, he loses control over the surrounding world and finds himself in a condition where he is no longer used to having social relationships.

Transposing it to our experience as inmates (therefore not by choice but by obligation and decision of others), fear is aggravating the situation, because this invisible virus threatens our life outside, at least the one we remembered before the pandemic.

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When I read this theory, even supported by the Italian president of the Order of Psychologists, my first reaction was a mix of amazement and disappointment, because it seemed exaggerated to talk about such a syndrome after a two-month stay at home (we're not talking about two years!).

Then, thinking about it calmly, I thought that actually the human mind is often indecipherable and that in more fragile people, that is, who already lived in a particular way the external world, the possibility of perceiving this newfound freedom (albeit still limited) in a distorted way was a concrete hypothesis.

The key to understanding everything is precisely the different external reality that we are facing, because we are not returning directly to the life we ​​had before the lockdown but to a situation where danger remains present and we must keep our distance from others by creating a sense of mistrust and suspicion towards our fellow men.

I have also read about many children who are afraid of going out or living life outside their homes with anguish and malaise.
I believe that this syndrome is also valid for them, amplified by the fact that they do not have the experience of life to metabolize certain changes and assimilate the danger in the correct way.
For months we talked to him about the coronavirus, the danger it posed for their safety and how staying closed in the house was only and exclusively for their own good.
Now for them to go out always following the rules that remind them of the danger (people with masks, prohibition to approach other children and so on), has become very different from what it was before the pandemic and many of them are suffering particularly.

I can declare myself lucky, as my daughter did not have the slightest problem and indeed was very diligent in respecting the new rules.
In addition, this morning she wanted to go out again and it made me very calm.

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What to do to get out of it?

I believe it all depends on ourselves .. in fact it's all on a psychological level, so we should take the time to work out the situation and not think about lost habits but create new ones.
It may be unsettling not to be able to find the life you have left behind, but you have to think about the new situation and mentally reorganize yourself in order to be able to face it.

As far as children are concerned, we must show them safety and support them as much as possible through actions and words that can reassure them and make them feel safe.
They rely completely on us parents and therefore it is we who must find the right way to make them return to external life with the time and ways that we consider most appropriate, knowing them more than anyone else.

Carlo

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